BOLLO AUTO – Altro che abolito, arriva la nuova ecoimposta anti inquinanti | Fai prima ad andare a piedi
auto passeggero (pexels) - palermolive
Il bollo auto potrebbe presto trasformarsi in una tassa ambientale dai costi nascosti.
Negli ultimi anni, il bollo auto è finito al centro del dibattito politico e mediatico. Molti italiani speravano nella sua abolizione, altri in una drastica riduzione. Invece, si profila all’orizzonte una nuova realtà: quella dell’ecoimposta. Un cambiamento che potrebbe colpire in modo trasversale tutti i proprietari di veicoli, compresi quelli che hanno puntato sull’elettrico.
Oggi il bollo auto resta una tassa regionale obbligatoria, legata alla potenza del veicolo (kW) e, in misura crescente, al suo impatto ambientale. Ma con l’aumento della spinta verso la mobilità green, la struttura del bollo sembra destinata a cambiare. E non necessariamente in meglio per i contribuenti. Alcune Regioni hanno già introdotto criteri legati alle emissioni di CO₂, mentre si discute di trasformarlo in una vera e propria “tassa sull’inquinamento”.
L’obiettivo dichiarato è promuovere veicoli a basse o zero emissioni. Tuttavia, ciò che sulla carta appare virtuoso rischia di tradursi in costi maggiori e nuove complicazioni. Le auto elettriche, per esempio, sono esentate dal bollo per un periodo limitato (5 anni in media), ma cosa succederà dopo? Alcune proposte puntano proprio su una “rimodulazione” fiscale anche per queste categorie.
Il vero nodo però riguarda ciò che i sostenitori dell’elettrico preferiscono non dire troppo ad alta voce: i costi nascosti. Le batterie al litio, cuore pulsante delle auto a zero emissioni, stanno diventando una bomba a orologeria economica e ambientale.
Dietro l’elettrico, un problema da miliardi
Secondo uno studio della società di consulenza ambientale Interzero, nel giro di 8 anni in Italia ci troveremo a dover gestire ben 9,2 milioni di batterie al litio esauste, principalmente provenienti da auto elettriche. Un numero destinato ad aumentare con l’attuale corsa agli ecoincentivi.
Il problema? Lo smaltimento. Il costo stimato per il trattamento di queste batterie si aggira attorno agli 11,5 miliardi di euro. Le batterie non sono tutte uguali: ne esistono almeno dieci tipi diversi, e ognuna richiede un processo di smaltimento differente, più o meno complesso (e costoso). A incidere sono anche peso e composizione: da 40 kg per un modello leggero come la Honda Insight a oltre 500 kg per la Tesla Model S.
Il regolamento europeo 2023/1542 impone tassi di recupero crescenti per materiali strategici come litio, rame, nichel, cobalto e alluminio. Ottima idea, se non fosse che in Italia ci sono meno di cinque impianti autorizzati al trattamento delle batterie. La maggior parte è concentrata nel Nord e si limita a stoccaggio e messa in sicurezza, prima del trasferimento all’estero per il riciclo.
Smaltimento? Lo paghi tu
Il risultato è sconcertante: i costi per la gestione delle batterie ricadono, direttamente o indirettamente, sui consumatori finali. Ecco perché diversi osservatori paventano la nascita di una nuova ecoimposta legata al bollo auto. Un balzello giustificato con esigenze ambientali, ma che in realtà serve a coprire le falle di un sistema non ancora pronto alla transizione elettrica.
Il paradosso è servito: chi ha scelto l’elettrico per risparmiare e inquinare meno potrebbe presto trovarsi a pagare più degli altri. Tra esenzioni a tempo, nuove forme di tassazione e smaltimento delle batterie, la mobilità sostenibile rischia di trasformarsi in un boomerang per le tasche degli italiani.