ALLERTA SANITÀ – Se leggi questo nell’etichetta non comprare mai il prodotto: ti viene il diabete senza assumere zucchero | Una porcheria immonda

Zucchero - fonte pexels - palermolive.it
Un dolcificante in commercio ma al centro del dibattito scientifico, lo usano quelli che vogliono dimagrire
L’aspartame è uno dei dolcificanti artificiali più utilizzati al mondo e la sua scoperta risale al 1965, quando il chimico James Schlatter, lavorando su un farmaco antiulcera, si leccò il dito e ne percepì l’incredibile dolcezza. Un episodio che ricorda quello della saccarina, scoperta anch’essa per caso nel 1879. Da quel momento, l’aspartame è diventato uno degli ingredienti più presenti nei prodotti dietetici, grazie alla sua capacità di dolcificare senza apportare praticamente calorie.
Dal punto di vista chimico, l’aspartame è composto da due amminoacidi, la fenilalanina e l’acido aspartico, uniti da una piccola quantità di metanolo. Questa combinazione lo rende circa 200 volte più dolce dello zucchero, il che significa che ne serve una quantità infinitesimale per ottenere lo stesso effetto dolcificante. Questo è uno dei motivi principali per cui è così diffuso nei prodotti che promettono un contenuto calorico ridotto o nullo.
Nonostante il suo largo impiego, l’efficacia dell’aspartame nel favorire la perdita di peso è stata spesso messa in discussione. Alcuni studi suggeriscono che il consumo regolare di dolcificanti artificiali possa avere effetti controproducenti, come l’alterazione della percezione del gusto dolce e un conseguente aumento dell’appetito. Altri ancora ipotizzano che possa influenzare negativamente il metabolismo, rallentandolo in presenza di determinati alimenti.
Nel tempo, alcuni ricercatori hanno cercato di capire se esistesse una correlazione tra il consumo di aspartame e il diabete di tipo 2. Alcune ricerche hanno avanzato l’ipotesi che il dolcificante possa contribuire all’insulino-resistenza, ovvero una condizione in cui le cellule non rispondono correttamente all’insulina, con conseguente aumento del rischio di sviluppare patologie metaboliche. Tuttavia, anche in questo campo, gli studi non sono giunti a un consenso definitivo.
Largamente presente nei prodotti industriali
L’aspartame è oggi presente in un’ampia gamma di alimenti e bevande comunemente acquistati nei supermercati. Si trova soprattutto nei prodotti etichettati come “senza zucchero” o “a basso contenuto calorico”, dalle bibite light ai dolcificanti da tavola, dalle gomme da masticare ai dessert confezionati. Anche yogurt, gelati e altri latticini pensati per una dieta ipocalorica possono contenerne quantità variabili.
Proprio per la sua diffusione e il consumo crescente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di intervenire, stabilendo una dose giornaliera raccomandata di aspartame. Secondo l’OMS, adulti e bambini possono assumere fino a 40 milligrammi per ogni chilogrammo di peso corporeo al giorno. Una soglia che, se rispettata, non rappresenterebbe rischi significativi per la salute. Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration fissa invece il limite a 50 milligrammi per chilogrammo.
Quantità sicure e soglie da non superare
Queste soglie teoriche sembrano rassicuranti per chi consuma aspartame in modo moderato. Per esempio, una persona adulta di 70 chili potrebbe assumere fino a 2.800 milligrammi di aspartame al giorno, l’equivalente di circa 14 lattine di una bibita dolcificata. In questo contesto, la moderazione resta la parola chiave, anche se il rischio di superare la soglia è relativamente basso per chi mantiene una dieta bilanciata.
Il discorso cambia quando si parla di bambini, che avendo un peso corporeo inferiore, raggiungono più rapidamente la soglia massima consigliata. Un bambino di 20 chili, ad esempio, non dovrebbe superare gli 800 milligrammi al giorno, cioè l’equivalente di circa quattro lattine. In un’epoca in cui anche i più piccoli consumano prodotti industriali dolcificati, l’attenzione ai dosaggi diventa un elemento imprescindibile per la tutela della salute futura.