Cosa fare a Palermo

Alla scoperta della chiesa Ortodossa Romena di San Vito, architettura modesta e pitture bizantine

A Palermo, a pochi passi dal lato posteriore dal Teatro Massimo, costeggiando le Mura di San Vito, incontriamo la chiesa dell’omonimo santo, oggi co-intitolata a San Caralampo.
E’ la chiesa della Comunità Ortodossa Romena, all’esterno dall’architettura modesta e ben mimetizzata con la datata edilizia popolare del quartiere Capo, ma all’interno uno scrigno di arredi pitture e icone in stile bizantino.
La chiesa di San Caralampo fa parte della Diocesi Ortodossa Romena in Italia, guidata da Roma dal vescovo Siluan e qui a Palermo e gran parte della provincia egregiamente rappresentata da don Martinian Epure.

La storia della comunità ortodossa romena di Palermo

Partiamo dal 2005 quando la popolazione di origine romena presente a Palermo ammontava a circa quindicimila persone, impiegate in varie attività lavorative, costituita in maggioranza da donne, assunte per svolgere il compito di colf o badante.

Questa gente in gran parte professante la fede ortodossa non aveva , all’epoca, nella nostra città, punti di riferimento per praticare il culto secondo le proprie tradizioni. Dati i buoni rapporti, però, che sono sempre intercorsi con con la chiesa cattolico romana, sia a livello nazionale che locale, riesce a ottenere per concessione dell’allora arcivescovo di Palermo cardinale Romeo di poter, in un primo momento, condividere, per l’esercizio del culto, la chiesa di San Giorgio dei Genovesi, successivamente la chiesa di Santa Maria in Valverde e finalmente di potere utilizzare in modo esclusivo la chiesa di S.Vito nel rione Capo. Il luogo di culto fu totalmente ristrutturato all’esterno e all’interno a cura e spese dei fedeli e adornata all’interno di arredi, pitture e icone in stile bizantino. Questa nuova sede aggrega in maniera più consona i fedeli che possono, finalmente, celebrare la liturgia nel rispetto delle loro tradizioni e nella loro lingua cioè la lingua Romena.

Da qualche tempo, però, la liturgia viene celebrata anche in italiano. Lo scopo è quello renderla più comprensibile ai bambini, figli di genitori romeni, che frequentando la scuola parlano l’italiano in maniera più fluente rispetto alla loro madrelingua.
Inoltre, per tenere questi bambini affezionati alle tradizioni religiose e civili del loro paese, molti di loro frequentano corsi di pittura e canti bizantini e apprendono la storia e la letteratura della loro terra di origine.

La celebrazione della messa domenicale

La chiesa pur non essendo piccola contiene a malapena i numerosi fedeli, che seguono con attenzione la liturgia e partecipano attivamente con preghiere e canti. Molti sono i bambini che contribuiscono a creare un clima gioioso.
Alla fine della cerimonia si ricordano i defunti. In questa occasione i familiari delle persone commemorate portano pane, dolci, frutta, vino e altri generi della tradizione romena che vengono distribuiti a tutti i presenti. Altre volte si imbandiscono vere e proprie tavolate dove in un cordiale clima conviviale, vengono consumati, in memoria del defunto commemorato in quella occasione, pranzi completi preparati dai membri della comunità secondo i canoni della cucina romena.
Tutto ciò avviene nell’ambito della chiesa non essendoci altri spazi disponibili.
Su qualcosa che potrebbe essere migliorata, il prelato afferma: ”Una cosa ci sarebbe, avere la disponibilità di maggiore spazio per le attività non di culto. Ma per questo credo, che prima o poi, ci penserà il Signore.”

La Pasqua

Nel rito ortodosso siamo, ancora, nel periodo pasquale; quest’anno (2024) il giorno della resurrezione si celebra il 5 maggio e la festa si protrarrà anche nei due giorni successivi.
Nei quaranta giorni che precedono la settimana santa gli ortodossi si preparano per la più grande festa dei cristiani cioè la resurrezione di Gesù Cristo mettendo in atto la pratica del digiuno, che consiste: nell’ astenersi dal mangiare carne e latticini e bere bevande alcoliche durante l’intero arco della giornata e nell’unico pasto al momento della cena preferire verdure e cereali; questo in ossequio delle sacre scritture che recitano:” ..questo tipo di demonio va via solo con il digiuno e la preghiera..” e inoltre recitano le Denie (preghiere del mattino), partecipano alle preghiere serali e in particolare, durante la Settimana Santa, alle cerimonie del Mercoledì giorno in cui il Signore è stato tradito, del Giovedì per le letture dei vangeli che descrivono le 12 stazioni della Via Crucis , del Venerdì per intonare i Prohod (canti funerari), del Sabato a mezzogiorno per la Liturgia della Luce e infine alle 23 per la Liturgia della Resurrezione di Gesù Cristo.

A questo punto inizia la festa che durerà per tre giorni consecutivi e si conclude il martedì recandosi al cimitero, in visita ai defunti, dove verrà cantato l’inno “Cristo è risorto dai morti e con la morte ha calpestato la morte e a chi giace nei sepolcri ha donato la vita”.
Nei successivi 40 giorni i fedeli incontrandosi si saluteranno dicendo: “Cristo è risorto” e riceveranno in risposta: “Veramente è risorto“.

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Scritto da Elian Lo Pipero e Vincenzo Palazzolo
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Elian Lo Pipero